“C’è ancora bisogno della scuola”. Oggi più che mai! E’ il titolo del Seminario organizzato dal CSSC (Centro Studi per la Scuola Cattolica) che si è svolto a Roma lo scorso 23 febbraio. Il seminario ha inteso effettuare una ricognizione sulle domande educative rivolte alla scuola e sul modello possibile di una scuola per il prossimo futuro. Ecco alcuni stralci delle dichiarazioni di alcuni degli intervenuti ai lavori.
“C’è ancora bisogno della scuola oggi? La domanda provocatoria che dà il titolo a questo incontro non si accontenta di un’attestazione verbale, facile da pronunciare, ma richiede una risposta fatta di tante scelte quotidiane che coinvolgono tutti: la società civile e il mondo politico, le famiglie e chi insegna e forma per professione, gli adulti, i ragazzi e la stessa comunità ecclesiale. Incontrandoci a riflettere su questo tema vogliamo dire il nostro amore per la scuola e offrire un contributo al dibattito sul senso e le modalità dell’educazione scolastica nell’attuale cambiamento d’epoca”. Così Ernesto Diaco, direttore dell’Ufficio nazionale per l’educazione, la scuola e l’università della Cei, spiega gli obiettivi del seminario promosso oggi dal Centro studi per la scuola cattolica sul tema “C’è ancora bisogno della scuola?”. “Se nessuno penserebbe mai di fare a meno della scuola – prosegue Diaco -, è però vero che essa si trova a far fronte a sfide nuove, poste ad esempio dalla rivoluzione sociale e culturale della società tecno-digitale, e talvolta anche al rischio che la scuola veda snaturata la sua funzione educativa e culturale. Non è superfluo, dunque, riflettere insieme su un modello scolastico centrato sulla persona, comunitario, partecipativo, del sapere e del fare, una scuola che investe sugli insegnanti e sul progetto di vita dei giovani e costruisce la comunità civile su valori condivisi”. “In questo contesto – conclude Diaco – si colloca anche la celebrazione del ventesimo anniversario del Centro studi per la scuola cattolica e del Consiglio nazionale della scuola cattolica della Cei, due espressioni dell’attenzione perdurante dei vescovi italiani per la scuola cattolica. Essa trova in questi luoghi delle occasioni di riflessione e di confronto, di cui beneficia anche la comunità cristiana e l’intera scuola italiana. Le difficoltà attuali, lungi dal costituire motivo di rinuncia e di sfiducia, ripropongono l’importanza vitale della scuola cattolica nel momento attuale e la sua volontà di discernimento e di continua qualificazione della sua proposta”.
“La progressiva riduzione del numero di scuole cattoliche in attività deve preoccupare non solo la comunità cristiana ma tutta la società civile e i responsabili dell’amministrazione scolastica nazionale, perché il pluralismo educativo è un valore irrinunciabile per tutti e ogni volta che chiude una scuola cattolica è tutta l’Italia a rimetterci.”. È quanto si legge nel messaggio inviato dal presidente della Cei, il card. Gualtiero Bassetti, al seminario “C’è ancora bisogno della scuola?”, organizzato dal Centro studi per la scuola cattolica, a Roma, nel suo ventennale. “Il proprium della scuola cattolica non è certo il proselitismo – aggiunge il porporato -, ma la cura educativa della persona, che può aiutare a superare tante difficoltà della realtà scolastica odierna, a cominciare dalla perdita del senso stesso del fare scuola”. Considerando che “la scuola italiana ha forse perduto la sua identità educativa, preoccupata più dell’efficienza amministrativa che delle esigenze profonde di ciascun alunno”, il presidente della Cei osserva che per la scuola cattolica “la motivazione educativa è ciò che la anima in profondità”. “La scuola cattolica vuole continuare a essere quel fattore di stimolo e di crescita che finora ha rappresentato per tutto il sistema scolastico italiano, potendo contare in molti casi sull’apertura internazionale. È, però, innegabile – conclude il card. Bassetti – che la scuola cattolica si trovi oggi ad attraversare una fase di crisi e di difficoltà. I numeri stanno a dimostrarlo impietosamente”. “Non si può tacere sullo stato di sofferenza in cui oggi vivono tante scuole cattoliche paritarie, che pure sono parte dell’unico sistema nazionale di istruzione”. È quanto si legge nel messaggio inviato dal presidente della Cei, il card. Gualtiero Bassetti, al seminario “C’è ancora bisogno della scuola?”, organizzato dal Centro studi per la scuola cattolica, a Roma. “Quando oggi in Italia si parla di scuola cattolica si tende a concentrare l’attenzione sugli aspetti economici, rivendicando o negando (a seconda delle posizioni) l’accesso ai finanziamenti pubblici necessari alla sopravvivenza e al servizio di queste scuole”, aggiunge il porporato. Che segnala come “il problema della scuola cattolica non è solo economico”. Il presidente della Cei evidenzia, inoltre, che “la scuola cattolica è anzitutto espressione dell’impegno educativo di tutta la comunità cristiana”. “Dovrebbe vedere tutti i fedeli, a cominciare dai loro pastori, attenti alla vita di queste scuole e alla qualità del servizio che esse offrono”. “La principale preoccupazione – evidenzia il cardinale – dovrebbe essere quella di non perdere l’identità cattolica, che costituisce il valore fondamentale di questa realtà educativa e una ricchezza per l’intera società civile”. Tutto ciò mentre “la legislazione sulla parità, a prescindere dai suoi limiti e dalla sua incompiutezza, ha indotto spesso le scuole cattoliche ad ‘accontentarsi’ di replicare il modello statale di scuola”, “dimenticando come in passato le scuole cattoliche siano state laboratorio di innovazione pedagogica e didattica cui l’amministrazione statale ha attinto copiosamente per rinnovare il sistema scolastico”.
“L’educazione non va intesa come un inserimento meccanico di nozioni nella testa dell’alunno, ma significa far sì che il ragazzo, con gli strumenti corretti, possa da un lato sviluppare spirito critico e dall’altro realizzare le proprie attitudini, inclinazioni, capacità e desideri”. È quanto si legge nel messaggio inviato dal ministro dell’Istruzione, Marco Bussetti, al seminario “C’è ancora bisogno della scuola?”, organizzato dal Centro studi per la scuola cattolica, a Roma. “Non solo ritengo che la risposta sia assolutamente positiva – afferma il ministro riferendosi al titolo del convegno -, ma vorrei suggerire che oggi più che mai abbiamo bisogno di una formazione di alto livello per far fronte alla complessità del mondo contemporaneo e alle sue continue, veloci e rapide trasformazioni”. Sostenendo che “la competizione si è fatta globale” e “molto più intensa che in passato”, il ministro segnala l’esigenza “come Paese” di “rimanere al passo”. “Se i ragazzi seguiranno percorsi formativi che valorizzino le loro potenzialità potranno eccellere in quello che faranno ed emergere sempre di più”. Il ministro è consapevole che “oggi più che mai il sapere deve essere trasversale, poliedrico, polivalente, flessibile, plastico, multiforme, eclettico, e l’apprendimento permanente, interdisciplinare e multifunzionale. Il cammino di formazione di sé è continuo e incessante”. “Sono altresì convinto – conclude Bussetti – che la parola che debba tornare centrale sia rispetto, ma proprio nel suo significato più profondo: quello di avere riguardo, attenzione, cura dell’altro riconoscendolo come persona in quanto tale, oltre che come cittadino”.
“Ri-formare, ridare forma, a una scuola che oggi è piuttosto un confuso agglomerato privo di un preciso progetto educativo, che va ripensato e non rattoppato”. Lo ha detto Luisa Ribolzi, docente all’Università di Genova, intervenendo stamani al seminario “C’è ancora bisogno della scuola?”, organizzato dal Centro studi per la scuola cattolica, a Roma. Due gli ostacoli individuati per questa “rifondazione”: “il pervasivo dominio della burocrazia, ma anche la visione disfattista per cui tutto va male e si rinuncia in partenza a pensare a una scuola in cui non si va solo perché costretti, ma per il gusto di insegnare e di imparare, una scuola ‘vincente’”. L’insegnante ha spiegato che “la scuola non è più l’unica fonte di informazione, e forse nemmeno la principale”. Per questo motivo, il suo compito – a suo avviso – è quello di “promuovere la conoscenza, che è un’informazione critica e relazionale”. Riconoscendo che “il problema educativo è innanzitutto un problema degli adulti”, Ribolzi ha affermato che “la scuola deve fare i conti con la crescente possibilità di falsificazione del reale prodotta dalla realtà virtuale”. L’attenzione si è concentrata poi su “un altro limite della scuola”: “la sua persistente astrattezza”. Viene auspicata per questo motivo “una scuola del fare”. Con la consapevolezza che “accanto alle competenze disciplinari, i ragazzi devono padroneggiare anche competenze di tipo più genericamente sociale, che li abilitino a una partecipazione di cittadinanza equa e consapevole”.
“L’uso delle chat sta cambiando la nostra dimensione sociale: abbiamo perso l’addestramento a parlare con l’altro guardandolo in viso, non serve più alcuna capacità di empatia per parlare con chiunque”. Lo ha detto Maria Teresa Moscato, docente all’Università di Bologna, intervenendo stamani al seminario “C’è ancora bisogno della scuola?”, organizzato dal Centro studi per la scuola cattolica, a Roma. La pedagogista si è soffermata, in particolare sul ruolo della scuola come “soggetto educativo, oltre che didattico” in un tempo in cui “la conoscenza sembra oggi depositata sulla rete stessa, e ‘facile’ per tutti e in potere di tutti”. A suo avviso, non bisogna sottovalutare “la funzione delle scuole cattoliche nella cura della gioventù e anche nella trasformazione di una cultura cristiana nella società”. “Le scuole cattoliche sembrano essere perite senza che si avvertano per esse particolari rimpianti nell’orizzonte cristiano”. Un “errore” che, secondo Moscato, “pagheremo per diverse generazioni”. “Ma forse dovremmo iniziare subito un processo di rinnovamento, pur nella consapevolezza che esso darebbe frutto solo nei tempi lunghi. Dovremmo ritrovare quel particolare coraggio che hanno sempre avuto, nel loro tempo, i fondatori delle nostre scuole”. Dopo aver segnalato le “funzioni strutturali” della scuola, l’insegnante si è soffermata sulle “esigenze educative del presente” in due contesti: la cultura mass-mediatica e la crisi della famiglia.