Articolo di Giordana Cavicchi

Potenzialità e limiti della formazione iniziale dell’Insegnante di religione.

«Con la revisione del Concordato del 1984 e le successive intese fra Stato e Chiesa l’Insegnamento della religione cattolica (Irc) è andato definendosi come disciplina scolastica proposta da docenti qualificati che ricevono la formazione di base prevalentemente negli Istituti Superiori di Scienze Religiose (ISSR). […] La professionalità docente richiede una preparazione costante che deve coniugare formazione di base e in itinere: una sfida istituzionale.»[1]

«La formazione di base di un insegnante, e dunque dell’Idr (Insegnante di religione), è il tempo e il luogo della costruzione di una solida e motivata identità professionale ma è anche l’inizio di un percorso che dovrà continuare per tutto il periodo dell’attività. Forse la fase iniziale, come spesso accade nei processi di crescita, è la più delicata e complessa e può essere messa a dura prova proprio nei primi anni di impiego professionale quando, di fronte alle inevitabili difficoltà, è forte il rischio di perdere quanto si è acquisito per adeguarsi a modelli tradizionali, un po’ desueti ma ancora molto diffusi che si rifugiano nella sicurezza dei contenuti da trasmettere.

D’altra parte la particolare complessità del momento storico, la fatica educativa che si acuisce nel clima di perdita di autorevolezza delle istituzioni, richiedono di formare insegnanti sempre più capaci di contribuire alla costruzione di identità solide e contemporaneamente aperte; insegnanti che sappiano educare gli alunni, secondo il diverso grado di scuola, a riconoscere criticamente le proprie radici culturali, a posizionare la propria cultura accanto e non contro le altre culture, a orientarsi esistenzialmente di fronte alla pluralità di modelli plausibili, a coniugare saperi e valori, competenze e ideali, identità personale e responsabilità sociale.

Si parla spesso di professionalità docente che non può racchiudersi in una deontologia che nel caso dell’Idr si arricchisce di una appartenenza ecclesiale speciale che ne sancisce l’idoneità alla professione stessa, né può essere interpretata semplicemente come un professionismo che attiene più alla compiutezza tecnica, efficientistica di un compito da svolgere, ma deve essere compresa in quell’eccedenza valoriale che attiene alla relazionalità, alla motivazione e, perché no, alla vocazione.

Se questo deve essere il risultato della formazione di base dei docenti, particolare attenzione va posta all’orientamento oltre che alla preparazione: spesso nell’immaginario collettivo il “mestiere” dell’insegnante sembra facile, non sempre appetibile, spesso sottostimato o non compreso. Gli studenti che oggi si avvicinano agli studi teologici in vista di una professionalità hanno le connotazioni, le provenienze e le motivazioni più diverse: potrebbe essere utile un accompagnamento iniziale che favorisca un discernimento corretto.»[2]

«Il tirocinio[3] è forse una delle più grosse novità introdotte dalla riforma degli ISSR,[4] e crediamo meriti una considerazione a parte per la rilevanza che riveste nella formazione professionale dei futuri Idr. Già nel 2005 Carlo Nanni diceva che «il tirocinio può offrire significative opportunità di formazione, intensificare e rendere proficuo il rapporto tra teoria e prassi, oltre che favorire un incontro destinato ad arricchire sia la cultura accademica che quella che viene elaborata in situazione educativa».[5]

Nella quarta Indagine nazionale sull’Irc veniva esplorato anche questo aspetto innovativo del percorso di formazione inziale degli Idr e l’85% degli intervistati lo riteneva utile.[6]

Tutti i piani di studio degli ISSR prevedono il tirocinio ma nelle forme più svariate, non sempre deducibili dall’offerta formativa. Normalmente è previsto nel biennio della laurea magistrale, a volte in un solo anno, più spesso distribuito nei due anni. Comprende sempre una parte teorica e una parte pratica/laboratoriale, ma il numero di ore complessivo e anche i crediti possono essere diversi. Nella ricerca sugli ISSR dell’Emilia Romagna è emerso che «per la sua funzione di orientamento professionale il tirocinio potrebbe essere opportunamente anticipato, almeno in parte, anche già al triennio, aumentando il numero di ore in modo da permettere una esperienza in tutti i gradi di scuola, che non sempre è possibile in un unico anno accademico».[7] Quando il tirocinio è l’incontro dello studente con l’esperienza dell’Irc in classe, diventa il momento più concreto di confronto diretto con la professione, per cui risulta fondamentale che sia organizzato nel miglior modo possibile. Sono tre i soggetti coinvolti nel corso di tirocinio, oltre alla Facoltà che ha il compito di redigere la convenzione: l’ISSR con il docente coordinatore, l’Istituzione scolastica che accoglie lo studente e l’Ufficio diocesano per l’Irc che conosce i suoi Idr ed è in grado di segnalare i docenti più adatti a svolgere il ruolo di mentore o docente accogliente. Perché l’efficacia e il successo di un tirocinio dipendono in larga misura dal docente accogliente, dalla sua vocazione professionale, dal coraggio e dalla disponibilità a mettersi in gioco, dall’umiltà con cui è disposto ad accompagnare un futuro Idr, sapendo di aver tanto da dare ma anche tanto da ricevere da un “quasi” collega fresco di studi, di entusiasmo e di voglia di cominciare.

Il tirocinio, per le sue necessità organizzative, è un ottimo ponte fra ISSR e uffici per l’Irc, fra vecchi e nuovi docenti di religione, fra esperienza professionale e studi aggiornati, un’occasione e una risorsa da utilizzare al massimo e al meglio.»[8]

«Non possiamo esimerci dal prendere in considerazione la didattica a distanza, dentro la quale la scuola è stata catapultata improvvisamente dal virus Covid-19.

La formazione a distanza non è recente, nasce con la posta cartacea e si sviluppa con la nascita degli strumenti telematici e ancor più con l’apporto di internet. Non è una novità neppure per gli ISSR, che nel processo di riordino e poi di accorpamento a livello regionale di diversi Istituti si erano già attrezzati per attivare la formazione a distanza, FAD, e consentire la partecipazione a coloro che risiedono in luoghi distanti dai centri di formazione.[9] La pubblicazione della Veritatis Gaudium[10] e successivamente le restrizioni imposte dalla pandemia hanno portato alla più recente stesura della Istruzione per l’applicazione della modalità dell’insegnamento a distanza nelle Università/Facoltà ecclesiastiche.[11]

La formazione a distanza non è, oggi, un problema tecnologico, organizzativo, ma una questione di didattica, di metodologie di erogazione del servizio e di strategie che consentano un apprendimento adeguato, una interazione fra docente e studente ma anche fra studenti, una verifica costante del processo di insegnamento-apprendimento che permetta, anche in itinere, di modificare il progetto stesso per renderlo sempre più rispondente ai bisogni formativi degli studenti. È troppo presto per verificare l’incidenza della formazione a distanza di questi tre anni di pandemia, anche se la prima rilevazione, circoscritta (riguardava un solo semestre), fatta durante la ricerca sugli ISSR dell’Emilia Romagna, ha dato esito positivo: «Anche l’erogazione a distanza dei corsi non pare averne inficiato la qualità».[12]

C’è però una esigenza che precede la formazione a distanza e che si è solo acuita in questi tre anni, ed è quella di studiare e sperimentare la didattica digitale per utilizzarla nello specifico dell’Irc. Alcuni Istituti offrono corsi sulla multimedialità, sull’utilizzo di particolari risorse spendibili, per esempio, con le Lavagne Interattive Multimediali (LIM), ormai presenti in tutte le scuole, ma è indispensabile approfondire questi temi e soprattutto comprendere quali processi di apprendimento vengono attivati con queste metodologie per una didattica sempre più efficace.»[13]

«In questi quasi quarant’anni di presenza nella scuola italiana l’Irc è andato lentamente definendosi come disciplina che arricchisce il curricolo scolastico di un respiro esistenziale oltre che culturale, respiro di cui i ragazzi hanno bisogno e che attendono. La sua evoluzione normativa dal vecchio insegnamento religioso ne ha cambiato la legittimazione, i contenuti e le finalità, e oggi l’Irc guarda con sempre maggiore attenzione ai veri bisogni educativi e non solo formativi dei ragazzi che incontra.

Già nel 1991 la CEI diceva che «l’IRC non può essere ridotto a una serie di informazioni neutre sul dato religioso, e nemmeno può essere legato solo agli interessi momentanei e diversi dei giovani»[14] ma dovrà essere quel laboratorio di cultura e umanità,[15] che può aiutare la scuola a coltivare fiducia e speranza perché i giovani possano costruire un futuro migliore.

Ecco allora che il curricolo professionale di un Idr deve prevedere:

– Una formazione generale di base che consenta un approccio scientifico ai saperi, una lettura critica dei diversi contesti socio-culturali, una categorizzazione interpretativa dei problemi educativi e pedagogici che incontra.

– Una formazione disciplinare ma anche didattica, progettuale, relazionale, multimediale, che gli permetta di declinare le competenze biblico-teologiche in percorsi di insegnamento-apprendimento significativi ed efficaci per i propri alunni/studenti.

– Una appartenenza ecclesiale frutto di studio e di discernimento.

Ciò che distingue i corsi di scienze religiose degli ISSR è la possibilità di fare sintesi tra fede e cultura, di indagare come le verità assolute si siano incarnate nella storia e siano giunte fino ai giorni nostri, trasmesse a volte non senza errori, e oggi influenzino, anche indirettamente, la realtà religiosa del nostro tempo. In estrema sintesi mentre la teologia ha carattere più speculativo, le scienze religiose si occupano più specificamente dello studio della “storia degli effetti”,[16] mantenendo il rigore scientifico e lo spirito ermeneutico propri della teologia, armonizzati con i metodi delle scienze umane, per consentire agli Idr di rispondere agli interrogativi esistenziali, etici e culturali dei giovani ai quali si rivolgono.

Se i percorsi degli ISSR sono di gran lunga i più scelti come preparazione di base dai futuri Idr è evidente che meglio rispondono alle esigenze di questa professionalità, ma vanno tenute presenti le sollecitazioni emerse nelle diverse indagini che possono e debbono migliorare l’offerta formativa.

Una delle richieste più frequenti è quella di ricevere, durante la formazione iniziale, maggiori competenze rispetto all’insegnamento nella scuola dell’infanzia e primaria, richiesta più che comprensibile se si pensa che per gli altri docenti esiste una formazione universitaria specifica per questi gradi di scuola, che differisce dalla formazione dei docenti delle scuole secondarie di primo e secondo grado. L’Idr che esce con la laurea magistrale in Scienze religiose può insegnare in tutti i gradi di scuola: laboratori a carattere pedagogico-didattico diversificati per i diversi ordini di scuola potrebbero colmare questa lacuna.

Un’altra attenzione particolare è stata da sempre rivolta al tirocinio, che rappresenta il momento più alto di incontro con la professionalità agita e permette di mettere a confronto teoria e pratica: consentire un’esperienza distesa nel tempo, in tutti i gradi di scuola, magari anticipandola già al triennio, permetterebbe ai futuri docenti di coniugare apprendimento teorico e istanze concrete della professionalità docente.

C’è poi l’aspetto della collaborazione istituzionale fra ISSR e uffici diocesani per l’Irc, che è un presupposto fondamentale per la formazione permanente, di base e in servizio degli Idr. Solo questa sinergia può garantire una formazione accademica, spirituale ed ecclesiale indispensabile per «raggiungere traguardi di matura e comprovata professionalità [che] è uno degli scopi primari della formazione e dell’aggiornamento dei docenti di religione».[17]

La professionalità dell’Idr esige che egli sappia coniugare una fede profonda curata e coltivata, garanzia di coerenza con ciò che insegna e quindi di credibilità e autorevolezza, con una laicità matura, libera da pregiudizi, attenta ai continui mutamenti della società e della scuola, e in grado di garantire la presenza dell’Irc nella scuola come disciplina significativa: questo deve essere l’obiettivo prioritario della formazione iniziale.»[18]


[1] G. CAVICCHI, Potenzialità e limiti della formazione iniziale dell’Insegnante di religione in in Catechetica ed Educazione. L’IdR “ALLO SPECCHIO”. Identità, formazione e professionalità “riflessiva”, Anno VII n. 3, Dicembre 2022, p. 35.

Web: http://rivistadipedagogiareligiosa.unisal.it/

wp-content/uploads/2023/01/CE-720223-ONLINE.pdf (13/03/2023).

[2] G. CAVICCHI, Potenzialità e limiti della formazione iniziale dell’Insegnante di religione in Catechetica ed Educazione, p. 36.

[3] Per una visione più dettagliata del percorso del tirocinio si veda la nota: CEI, Indicazioni sul tirocinio per l’Irc, Roma, 24 luglio 2013. Per un approfondimento del tema del tirocinio nell’Irc si può vedere: V. ANNICCHIARICO (Edd.), Il tirocinio formativo attivo dell’insegnamento della religione cattolica, Ed. Viverein, Bari 2014.

[4] Cf. CONGREGAZIONE PER L’EDUCAZIONE CATTOLICA, Istruzione sugli Istituti Superiori di Scienze Religiose, n. 25.

[5] C. NANNI, La formazione degli Idr. Esigenze e prospettive, in G. MALIZIA – Z. TRENTI – S. CICATELLI (Edd.), Una disciplina in evoluzione, 159.

[6] Cf. G. CAVICCHI, La formazione degli insegnanti di religione, in CICATELLI – MALIZIA (Edd.), Una disciplina alla prova, 108.

[7] P. TRIANI – C. LISIMBERTI (Edd.), La didattica dell’IRC tra scuola e Istituti Superiori di Scienze Religiose, 114.

[8] G. CAVICCHI, Potenzialità e limiti della formazione iniziale dell’Insegnante di religione in Catechetica ed Educazione, p. 42-43.

[9] Cf. CONGREGAZIONE PER L’EDUCAZIONE CATTOLICA, Norme sulla formazione sincrona a distanza (FAD) negli Istituti superiori di Scienze religiose, Città del Vaticano, 14 settembre 2015.

[10] Cf. FRANCESCO, Veritatis Gaudium. Costituzione apostolica circa le Università e le Facoltà teologiche, Città del Vaticano, 8 dicembre 2017.

[11] CONGREGAZIONE PER L’EDUCAZIONE CATTOLICA, Istruzione per l’applicazione della modalità dell’insegnamento a distanza nelle Università/Facoltà ecclesiastiche, Città del Vaticano, 13 maggio 2021.

[12] TRIANI – LISIMBERTI (Edd.), La didattica dell’IRC tra scuola e Istituti Superiori di Scienze Religiose, 274.

[13] G. CAVICCHI, Potenzialità e limiti della formazione iniziale dell’Insegnante di religione in Catechetica ed Educazione, p. 43-44.

[14] CEI, Insegnare religione cattolica oggi, Roma 1991, n. 17.

[15] Cf. BENEDETTO XVI, Discorso ai partecipanti all’incontro degli Insegnanti di religione cattolica, Città del Vaticano, 25 aprile 2009.

[16] Cf. C. BISSOLI, La categoria ermeneutica “storia degli effetti” e la lettura della Bibbia. Prospettive educativo-didattiche, in «Orientamenti Pedagogici» 49 (2002) 3, 97-107.

[17] CEI, Insegnare religione cattolica oggi, n. 19.

[18] G. CAVICCHI, Potenzialità e limiti della formazione iniziale dell’Insegnante di religione in Catechetica ed Educazione, pp. 44-46.