“La scuola è il solo luogo del nostro Paese in cui passano tutti i nostri giovani e in cui quindi ritroviamo contemporaneamente il presente e il futuro della società. Vale a dire un esempio vivo e concreto di sinodalità in cui incontriamo le famiglie con le loro mille sfaccettature, l’immigrazione, la disabilità, le fragilità del nostro tempo. Ciò richiede un’attenzione della comunità cristiana ben superiore a quella che viene comunemente data”.
Con quest’augurio S.E. Mons. Nicolò Anselmi, Vescovo di Rimini, ha aperto i lavori del Convegno nazionale degli uffici per la pastorale della scuola e l’IRC. Un appuntamento che quest’anno ha scelto come riferimento tematico il primo dei “Cantieri di Betania”, indicati dall’omonimo testo frutto del cammino sinodale, dedicato al cantiere della strada e del villaggio educativo.
La prima giornata del Convegno – che si svolgerà dal 1° al 3 maggio nella cittadina romagnola – è stata caratterizzata dagli interventi del dott. Stefano Versari, Direttore dell’Ufficio scolastico regionale dell’Emilia Romagna, e della prof.ssa Renata Viganò, docente di pedagogia sperimentale all’Università Cattolica del Sacro Cuore e vicepresidente Invalsi.
Stefano Versari – dopo aver affrontato nel dettaglio le sei riforme del mondo della scuola previste dal PNRR – ha però messo in guardia i partecipanti da quella che ha definito “una pericolosa tendenza alla riformite”, ovvero “il rischio concreto d’innovare continuamente gli ordinamenti creando così un cantiere di certo sempre in divenire, ma proprio per questo poco saldo. Una sorta d’entropia in cui l’amministrazione scolastica rischia di essere risucchiata e la politica di perdere di vista alcuni obiettivi essenziali a scapito del tutto”.
“Proprio per questo”, ha sollecitato Versari, “tanto più urgente appare valorizzare i corpi intermedi della scuola, e tanto più i responsabili degli uffici diocesani, affinché presidino sempre un giudizio critico sul riformismo imperante”. Altrettanto importante è “puntare, per quel che concerne il corpo docente, alla formazione professionale iniziale per la scuola secondaria di primo e secondo grado. E, soprattutto, offrire ai ragazzi adulti esemplari da cui trarre educazione imitativa”.
“La scuola e l’educazione sono al centro di ogni questione, più o meno esplicitamente”, ha aggiunto la professoressa Viganò nel successivo intervento, “il fatto è che ognuno di noi ha la sua idea di scuola che talvolta genera un chiacchiericcio un po’ sterile. Parlare di scuola in modo significativo, al contrario, equivale a ridare voce a un pensiero alto e soprattutto dare il giusto significato e peso ai dati”.
Alcuni tra quelli proposti esigono una schietta presa di coscienza. “La scuola ha 1 milione e 200mila dipendenti, spesso delegittimato e caratterizzato dal 23% di precariato, un tasso di abbandono scolastico tra i più alti della UE, e una differenza territoriale talmente marcata da far parlare di un’Italia divisa in due”, ha ricordato la professoressa Viganò; “e si tratta solo di alcune differenze che permangono”. La più peculiare delle quali rimane “una mobilità generazionale ridotta e lenta in cui il titolo di studio dei genitori determina ancora la probabilità di laurearsi”. Quali allora i rimedi da porre in atto sul medio-lungo periodo?
“Comprendere che l’impresa educativa è responsabilità di tutti e di ciascuno e che nessun cantiere può funzionare se non vi è una comunità che la faccia sentire meno sola”, ha concluso la vicepresidente Invalsi.