IRC e Catechesi: due realtà distinte, ma conciliabili tra di loro.

Insegnante: professionalità per il Regno

Insegnare per il Regno

Il cristiano, sempre testimone, non si vergogna per il passato, per il quale chiede perdono, ma per il presente, se non lo vive in Gesù” (cf ‘Quella volta che Madre Teresa …, Agorà Irc n. 3 – Marzo 2022), momento per momento, respiro per respiro. Questo vale per ogni cristiano, per ogni cristiano insegnante e per ogni cristiano insegnante di religione, anche in uno stato ‘laico’. Portavo l’esempio di Santa Teresa di Calcutta, ricevuta in studio televisivo da Raffaella Carrà. Si comportò come sempre, con il Rosario in mano – pregandolo silenziosamente – parlò dei suoi poveri, di Dio e invitò tutti a pregare in studio, ottenendo una piena partecipazione degli operatori tecnici, oltre che quella di Raffaella, che rimase incantata e commossa dalla forza e dalla bellezza di questa piccola donna, come poi racconterà.

Quali che siano gli accordi tra Stato e Chiesa, l’insegnante ovunque è cristiano. È grave l’equivoco che si è protratto molte volte fino ad oggi, ovvero che, per il motivo di offrire un insegnamento non catechistico, secondo gli accordi con lo Stato Italiano, si sia pensato proprio dai docenti di dover escludere dall’insegnamento diversi temi ritenuti catechistici. Tutti i temi offerti dall’Irc sono ‘scientifici’ o ‘catechistici’ a seconda di come li si considera e li si presenta all’alunno; a secondo delle finalità del docente. Perché, per esempio, dire che ‘il Cristiano crede alla Trinità’ non sarebbe catechistico, mentre affermare, là dove fosse pertinente, ‘Io credo alla Trinità’ o ‘a Maria Santissima’, sarebbe catechistico? Oppure, perché parlare dell’Inferno, o delle tentazioni di Gesù, o del Giudizio Universale, sarebbe catechistico, mentre parlare dell’aiuto ai poveri, no? E come spiegheremo il Giudizio universale di Raffaello o di Giotto? Il cristiano è chiamato ad una vita nuova e l’insegnante cristiano ne presenta le opere, i pensieri, i sentimenti, il credo intero, studiandone tutte le sinergie che nel tempo la fede cristiana, secondo il cammino cattolico, ha incontrato nelle società in cui si è ‘inculturato’.

L’insegnante aiuta l’alunno a conoscere i ‘segni’ di quella fede che ha impregnato di sé la cultura occidentale, e non solo, e a leggerli con senso critico e consapevole. Solo una presentazione della fede e delle opere nella loro completezza potrà aiutare a comprendere la cultura presente, anche atea, da ora in avanti; oso dire, fino alla fine del mondo. Se l’insegnante cattolico non sa questo, come potrà cogliere anche il travaglio interiore di artisti e poeti che ‘a causa’ del loro rapporto con la fede e la Chiesa, per esempio, hanno sofferto, o quelli che da atei sono divenuti credenti? Come capire perché gli artisti del Nord Europa iniziarono a fondare quella grande arte della ritrattistica e della paesaggistica se si ignora, e non si insegna, che il luteranesimo, pur non da subito, evitò di fare immagini religiose, riesumando la credenza veterotestamentaria e la visione iconoclasta? Come affrontare, per esempio, i temi dell’occulto e del satanismo, diffusi tra i giovani, senza capire il senso e la realtà del male nella vita, anche venendo prima a conoscenza di cosa sia il Demonio nei Vangeli, cosa gli esorcismi nell’esperienza della Chiesa, sia cattolica che di altre confessioni?

Credo che la causa della ritrosia nel trattare certi temi con gli alunni non vada ricercata nel sincero rispetto degli accordi bilaterali, che su ciò non dicono niente, ma nel modo ordinario di concepirsi cristiani nella società: ombre che passano senza disturbare e che si uniformano per non sembrare diversi e fuori dal tempo? È la paura di non somigliare al mondo? È lasciarsi irretire nell’inganno del Principe di questo mondo? Accenniamo, per esempio che, secondo la Chiesa – il Catechismo della Chiesa Cattolica ce ne evidenzia la realtà – il mondo è governato dal Principe di questo mondo per permissione di Dio? No, perché secondo un erroneo modo di pensare potrebbe sembrare di escludere dalla misericordia di Dio e dalla fratellanza coloro che non vi credono. Eppure, l’Evangelo secondo Giovanni, cioè il Vangelo, lo insegna a chiare lettere. Preferiamo, allora, un umanitarismo ambiguo in cui il significato delle parole cambia a seconda delle persone con le quali si parla e ci permette di evitare temi per noi scomodi? Per esempio, quando diciamo che ‘tutti siamo fratelli’, ed è vero, cosa intendiamo? Il significato è duplice secondo la dottrina cristiana, questo è chiaro, ma non equivoco. Si vedano i capp. 1265 – 1270 del CCC. Un conto è essere ‘fratelli nel genere umano’, creaturale e naturale, e un conto ‘essere fratelli’ in senso soprannaturale, originati in Cristo dal Battesimo, che rende i credenti Figli adottivi (cf Romani 8, 11.14-17). La prima accezione induce al solidarismo, la seconda impone l’urgenza della missionarietà della Chiesa andando in tutto il mondo, battezzando nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, anche in Italia, per il bene superiore della Salvezza.

Cos’è invece quello che l’insegnante non può fare? È tentare di invogliare l’alunno ad un cambiamento di fede, o coinvolgerlo in prima persona nella propria credenza. Questo, nel contesto scolastico istituzionale non lo si può fare, stante gli accordi; ma non perché sia un valore questo specifico accordo, ma perché è un valore lo stabilire accordi e rispettarli. Gli accordi dovranno essere sempre questi? Non è detto. Dipenderà da come si evolverà la società, ma è certo che sempre la società, per comprendersi, dovrà fare i conti con la conoscenza della fede cattolica nella sua interezza.

Questa presentazione della fede cristiana nella cultura della società potrà invogliare degli alunni a diventare cristiani, o a divenire cristiani più partecipi, ferventi? Potrebbe accadere, ma è un libero passo dell’alunno. Dunque se è vero che il cuore della fede cattolica in particolare, e cristiana in generale, è che il Regno di Dio è giunto tra gli uomini in novità; che il Cristo proclama rimessi i peccati di coloro che ricorrono a lui con fede, desiderosi di cominciare una vita nuova e che egli combatte contro il male e il peccato fino a vincere persino la morte: non potremo dimenticarcene proprio quando siamo a scuola. Questo anche quando i temi risultassero estremamente sensibili, quali l’adulterio o l’aborto, l’eutanasia o la giustizia, poiché: “… io vi dico: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli” (Mt 5, 20). … da come  lavoriamo dipendono la nostra conversione e salvezza.

(Articolo di Marcello Giuliano, docente di religione nella scuola primaria, pubblicato su Agorà IRC anno III n. 04 aprile 2022)

Per ulteriori approfondimenti leggere Discorso del Santo Padre Francesco ai partecipanti all’Assemblea Plenaria della Congregazione per la Dottrina della Fede