A venti anni di distanza dalla legge sulla parità scolastica, il sistema di istruzione italiano sembra ancora lontano da un riconoscimento concreto del ruolo pubblico degli istituti non statali. Uno status che la norma (la 62/2000), sancisce chiaramente, ma che nei fatti non è supportato da politiche attive, non abbastanza comunque per evitare che ogni anno chiudano in media 380 scuole. Una vera e propria “mattanza”, come l’ha definita la senatrice di Forza Italia Alessandra Gallone, promotrice del convegno sul tema ospitato a Palazzo Giustiniani, Libera scuola in libero Stato. «Autonomia, parità e libertà di scelta educativa richiedono l’impegno di tutti – ha fatto notare Gallone –. Non c’è più tempo per la strumentalizzazione e per le letture ideologiche. Scuola
statale e scuola paritaria svolgono entrambe un servizio pubblico e attendono interventi concreti per vivere e operare al meglio».
D’altro canto la disparità di trattamento appare evidente: per ogni alunno della scuola statale lo Stato destina circa 10mila euro, contro i soli 500 euro previsti per le paritarie. «Come è possibile così assicurare alle famiglie e ai giovani il diritto di scegliere il proprio percorso formativo? Oggi vogliamo dare una picconata al muro che separa il sistema d’istruzione – ha continuato la senatrice di Fi –. Mai più scuole per ricchi, ma libera scelta». Tra le misure che potrebbero portare un contributo significativo nel soccorso agli istituti non statali si pensa a un
costo standard per ogni allievo e a un modello simile a quello sanitario: «Solo se sarà garantita la libertà di scelta educativa si potrà sperare in una crescita equa di tutto il Paese – ha avvertito la senatrice di Fi Sandra Lonardo –. Per questo abbiamo presentato un disegno di legge che prevede un costo standard per ogni studente, assicurando una perfetta mobilità e una sana competizione ». Ma il punto non sono soltanto le risorse, perché in ballo c’è anche il riconoscimento del lavoro degli insegnanti delle paritarie. A differenza dei loro colleghi impiegati nelle scuole pubbliche, infatti, non potranno accedere ai tre concorsi (due ordinari e uno straordinario) previsti quest’anno. Una questione sulla quale la senatrice Gallone ha presentato una mozione (ancora da calendarizzare), ritenendo l’esclusione incostituzionale.
«Alla legge sulla parità si è arrivati perché si insisteva, poi non si è più parlato di questo problema – ha constatato suor Anna Monia Alfieri, religiosa ed esperta di diritto e politiche scolastiche –. Dobbiamo pretendere l’abbandono delle ideologie. La scuola paritaria non è una scuola confessionale. Chi si sta combattendo? Le scuole paritarie, quelle cattoliche? No, le vittime sono i genitori. È un attacco alle famiglie che non potranno permettersi di scegliere. Le scuole che stanno chiudendo sono concentrate nelle periferie del centro sud… e sono quelle con le rette più basse». Il rischio, come ha fatto notare padre Luigi Gaetani, presidente del Cism (Conferenza italiana superiori maggiori), è di perdere di vista la dimensione civile e umana della nostra società: «La scuola paritaria è una forma di istruzione che rimanda a una pluriformità culturale degna di un Paese civile – ha ricordato il religioso –. Non è sostenibile una sola forma culturale come monopolio ideologico. Oggi rischiamo di passare come le scuole dei ricchi, la politica sta ribaltando le carte. Non siamo nati per fare delle scuole d’élite. Dopo aver dato tutto, non abbiamo più nulla da dare, maci resta il senso civico della nostra responsabilità».
(Pubblicato su Il Settimanale del 20 febbraio 2020)