Brevi considerazioni sulle finalità dell'IRC

L’ora di religione a scuola: una valida offerta formativa

IRC a scuola

Abstract:

Nell’ambito dell’istruzione nazionale italiana, l’Insegnamento della Religione Cattolica (IRC) è senza dubbio la disciplina scolastica più contestata. Certamente, la fonte che dà vita a questo dibattito non tiene conto del quadro delle finalità che l’IRC si propone di soddisfare – ben lontano da ogni forma di indottrinamento religioso – in accordo con le altre discipline curricolari come la letteratura, la filosofia o l’arte, le quali, pur avendo numerosi ed evidenti rimandi al sacro, non hanno come destinatari specificatamente gli appartenenti ad una religione.

Premessa

La pubblicazione del Messaggio della Presidenza della Conferenza Episcopale Italiana in vista della scelta di avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica nell’anno scolastico ha riacceso in questi anni l’ormai pluridecennale dibattito circa l’Insegnamento della Religione Cattolica nelle scuole statali. L’interrogativo che alimenta la polemica è il medesimo: è lecito, nella scuola pubblica e laica, insegnare una disciplina che ha come tema fondamentale il Cristianesimo?

Tentare di rispondere alla domanda in poche battute non è certamente semplice. La questione, infatti, apre le strade a numerose riflessioni che, ognuna per ragioni diverse, motivano la scelta di includere l’IRC nel curricolo scolastico.

Speculare in merito alla liceità dell’ora di religione tra le discipline scolastiche, tuttavia, non è lo scopo di questo studio; il proposito, piuttosto, è presentare la natura della disciplina e gli obiettivi che si prefigge di raggiungere, al di là dell’appartenenza ad una determinata confessione religiosa.

La natura e le finalità dell’IRC

Al giorno d’oggi, una sempre più dilagante mentalità laicista tenta di screditare il valore che l’IRC ha nell’ambito dell’istruzione nella scuola italiana, la quale – si sostiene – non ha bisogno dell’ora di religione per formare gli studenti. Quest’idea, alimentata da ripetute polemiche, sembra continuare ad affermarsi prepotentemente, avvalorando la tesi secondo cui l’ora di religione non concorre alla formazione degli studenti ed è piuttosto da etichettare come “un’ora di lezione inutile”.

Nonostante questo pensiero sembri animare periodicamente l’opinione pubblica, la scelta di avvalersi dell’Insegnamento della Religione Cattolica continua a registrare, dati alla mano, altissime percentuali su scala nazionale con una media poco al di sotto del 90%, percentuale significativa se si considera che, nella multiculturale e multireligiosa società italiana, un buon numero dei non avvalentisi appartiene ad altre confessioni.

A ben vedere, alla base di queste polemiche ci sono radicati pregiudizi che inducono a un’errata interpretazione delle attese nei confronti dell’Insegnamento della Religione Cattolica nelle scuole.

È opportuno, dunque, fare una premessa. L’IRC, in ambito scolastico, acquisisce un carattere squisitamente culturale e, pertanto, non è riconducibile a riti religiosi o atti di culto. Le finalità principali di tale insegnamento, infatti, sono «formare personalità giovanili ricche di interiorità, dotate di forza morale e aperte ai valori della giustizia, della solidarietà e della pace, capaci di usare bene della propria libertà» e «rispondere alle domande della persona e offrire la possibilità di conoscere quei valori che sono essenziali per sua formazione globale».

Per quanto quest’affermazione possa sembrare scontata agli “addetti ai lavori”, c’è chi crede tuttora che l’ora di religione a scuola abbia lo stesso valore e lo stesso scopo dell’incontro di catechesi in preparazione ai sacramenti di iniziazione cristiana che si svolge in parrocchia. Niente di più fuorviante! Piuttosto, le due realtà, seppur accomunate da una tematica comune, tentano di raggiungere traguardi differenti con modalità distinte. Gli incontri di catechesi, infatti, hanno come obiettivo la formazione del cristiano e, conseguentemente, la crescita nella fede. L’Insegnamento della Religione Cattolica, invece, così come le altre discipline del curricolo scolastico, si propone di far crescere lo studente nella cultura, offrendogli i giusti mezzi per creare in lui uno spirito critico libero da ogni forma di ignoranza religiosa.

La Presidenza della Conferenza Episcopale Italiana lo ha ribadito a chiare lettere nell’annuale messaggio riguardante la scelta di avvalersi dell’IRC: «non è una dichiarazione di appartenenza ad una religione, né è un modo per influenzare la coscienza di qualcuno, ma vuole esprimere solo la richiesta alla scuola di voler essere istruiti anche su quei contenuti religiosi previsti dalle indicazioni didattiche e che costituiscono una chiave di lettura fondamentale della realtà in cui noi tutti oggi viviamo». Ogni religione, infatti, è saldamente legata alla cultura del territorio in cui si è diffusa nel corso del tempo; è bastevole sfogliare le pagine di storia per comprendere quanto l’Italia e più in generale l’Europa siano saldamente legate alla storia del Cristianesimo e quanto quest’ultima abbia contribuito ad arricchire il patrimonio culturale del nostro continente.

Il vortice di trasformazioni che sta causando un vero e proprio “cambiamento di epoca” e la nascita di società plurali non può cancellare la storia da cui veniamo che, parafrasando le parole di papa Francesco, resta un dato immodificabile e continua a lasciare tracce che costituiscono un motivo di crescita per il singolo e per la società.

Ciononostante, bisogna prendere atto del sentimento antireligioso che tenta sempre più di cancellare le radici cristiane dell’Europa; un sentimento che trova terreno fertile perché, come ha rilevato più volte Benedetto xvi, l’anima dell’odierna Europa è «una ragione astratta, anti-storica, che intende dominare tutto perché si sente sopra tutte le culture. Una ragione finalmente arrivata a se stessa che intende emanciparsi da tutte le tradizioni e i valori culturali in favore di un’astratta razionalità. La prima sentenza di Strasburgo sul Crocifisso era un esempio di questa ragione astratta che vuole emanciparsi da tutte le tradizioni, dalla storia stessa». All’anima della ragione astratta ed anti-storica si contrappone, però, l’anima cristiana, quella che riconosce nel fenomeno del Cristianesimo la fiamma che ha dato vita ed ha alimentato questa Europa, che l’ha costruita nei grandi valori, nelle grandi intuizioni, nella visione della fede cristiana. In definitiva, «solo un pregiudizio ideologico, implicante il ripudio del metodo problematico e dialettico, può portare la scuola a disconoscere il pensiero religioso dell’umanità, sino ad escluderlo dai suoi programmi didattici, quasi che fosse irrilevante per l’individuo. In realtà, bisogna fare i conti con esso, anche per comprendere gli altri elementi storici, filosofici, scientifici, artistici, con i quali è correlato».

Ergo, sopprimere l’Insegnamento della Religione Cattolica nella scuola statale non risolverebbe il proposito laicista di eliminare ogni legame col tema religioso dai programmi didattici; piuttosto, si dovrebbe intentare un’azione mirata a rimuovere ogni riferimento al sacro da ogni disciplina, il che è praticamente impossibile. Infatti, è un dato di fatto che la tematica religiosa ha interessato diversi fronti della cultura italiana e, nel corso del tempo, autori di ogni ambito si sono approcciati a tematiche religiose, ognuno con modalità differenti; basti pensare alla Divina Commedia, opera magna della letteratura italiana che fa da capofila ad altre opere letterarie a tema religioso, agli interrogativi esistenziali dei filosofi e all’estro degli artisti che, ognuno con particolari sfaccettature, hanno rappresentato temi sacri. Indubbiamente, la storia del Cristianesimo e, di conseguenza, il pensiero teologico hanno influito notevolmente nella fase di gestazione di queste opere e costituiscono al contempo la chiave di lettura per coglierne il significato.

Alla luce delle suddette considerazioni, si ritiene opportuno citare il teologo Salvarani che, nel suo testo A scuola con la Bibbia, sembra riassumere la ragione che giustifica la presenza dell’IRC nelle scuole: il Cristianesimo è la chiave di lettura degli eventi culturali dell’Occidente; inevitabilmente, la mancanza di un’informazione di cultura religiosa e aconfessionale si rifletterebbe negativamente sulla storia culturale occidentale. Ad avvalorare la tesi, l’antropologa Ida Magli scrive che «ogni religione costituisce un tratto fondamentale di una cultura e di conseguenza, per quanto riguarda l’Italia, il cristianesimo cattolico fa parte della sua storia politica e sociale, della sua filosofia, della sua etica, della sua arte. Il fatto che vi siano stati lungo il passare dei secoli così come oggi, credenti e non credenti, non cambia nulla a questo dato di fatto e la scuola di Stato non può ignorarlo».

Guardando al soddisfacimento di questi intendimenti, l’IRC acquisisce una nuova identità collocandosi nel quadro delle finalità della scuola come auspicato dalla prima Intesa sull’IRC (1985) dopo la Revisione del Concordato e concorre in maniera sostanziale alla maturazione personale e relazionale degli studenti.

Senza accusare segni di vecchiaia, dunque, l’ora di religione a scuola costituisce ancora oggi una valida opportunità di crescita e di formazione, non nell’ottica delle fede cristiana, bensì in un orizzonte più ampio che va oltre la scuola e che ha come riferimento non solo i singoli alunni ma anche le famiglie, la società e il mondo della cultura.

(Articolo di Sebastiano Casalunga, docente di religione, pubblicato in Laós 24 (2017/1), 105-110).