Il discorso di papa Francesco all’Assemblea plenaria del Dicastero per la cultura e l’educazione: “Non siate educatori in pensione”

“Il mondo ha bisogno di nuovi poeti sociali”

“Il mondo non ha bisogno di ripetitori sonnambuli di quello che c’è già; ha bisogno di nuovi coreografi, di nuovi interpreti delle risorse che l’essere umano si porta dentro, di nuovi poeti sociali”. Lo ha detto il Papa, ricevendo in udienza i partecipanti alla prima Assemblea Plenaria del Dicastero per la Cultura e l’Educazione.

“Non servono modelli di istruzione che siano mere fabbriche di risultati, senza un progetto culturale che permetta la formazione di persone capaci di aiutare il mondo a cambiare pagina, sradicando la disuguaglianza, la povertà endemica e l’esclusione”, la tesi di Francesco, secondo il quale “le patologie del mondo presente non sono una fatalità che dobbiamo accettare passivamente, e meno ancora comodamente”.

“La qualità delle attese”: questo, per il Papa, “dovrebbe diventare il criterio base di discernimento e di conversione per le nostre pratiche culturali ed educative. La domanda-chiave per le nostre istituzioni è questa: ‘Che cosa aspettiamo davvero?’. Forse la risposta sincera sarà deludente: il successo agli occhi del mondo, l’onore di essere nel ranking o l’autopreservazione. Certo, se fosse così, sarebbe troppo poco!”. “Siamo custodi di un’eredità culturale ed educativa più grande di noi stessi”, ha ricordato Francesco: “Siamo eredi delle profondità di Agostino. Siamo eredi della poesia di Efrem il Siro. Siamo eredi delle Scuole delle Cattedrali e di chi ha inventato le Università. Di Tommaso d’Aquino e di Edith Stein. Siamo eredi di un popolo che ha commissionato le opere del Beato Angelico e di Mozart o, più recentemente, di Mark Rothko e di Olivier Messiaen. Siamo eredi degli artisti e delle artiste che si sono lasciati ispirare dai misteri di Cristo. Siamo eredi di scienziati sapienti come Blaise Pascal. In una parola, siamo eredi della passione educativa e culturale di tante Sante e tanti Santi”.

“Il pessimismo non è cristiano”, ha detto il Papa a braccio, stigmatizzando anche il “mito di Turandot: pensare e vivere che la speranza sempre delude”. “Non dimenticare la speranza!”, il messaggio al nostro tempo in vista del Giubileo, “per sottrare l’essere umano dell’ombra del nihilismo, che è forse la piaga più pericolosa della cultura odierna, perché è quella che pretende di cancellare la speranza”.

Sir, 21 novembre 2024

(Foto Vatican Media/SIR)

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