Benvenuto Vescovo “Padre”

Domenica 27 Novembre 2016, nell’Auditorium del Seminario di Como, il Vescovo Oscar ha incontrato i giovani e ha risposto ad alcune loro domande.

  1. Cosa pensava da giovane… frequentando il Gallio e poi il Seminario del suo Vescovo e della chiesa?

Innanzitutto un saluto cordiale e affettuoso a ciascuno di voi. Vi ringrazio perché avete accettato di venire qui per conoscermi e per incominciare a stabilire delle relazioni amicali, che vincono ogni distanza e fanno del vescovo un padre piuttosto che un burocrate, come se fosse un dirigente d’azienda. (vorrei non essere chiamato “eccellenza”, ma “padre vescovo Oscar”!). D’altra parte, se ho proposto oggi, all’inizio del mio ministero, come primo momento, di incontrarmi con voi giovani, potete presumere quale spazio i giovani occupino nel mio cuore e quale importanza attribuisca a voi, al vostro futuro e alla vostra presenza nella Comunità cristiana!

Siete in una età molto preziosa della vostra vita. Se siete fortunati avrete l’occasione di constatare come certe persone e certi ambienti siano determinanti, aprono degli spiragli di luce, spalancano delle prospettive impensabili. A me è capitato proprio così fin da giovane (e sono arrivato alla domanda!). Ho avuto la possibilità di conoscere persone che mi hanno segnato, che mi hanno messo nel cuore sani interrogativi e costretto a pensare. Persone che mi hanno contestato, che mi hanno provocato perché nei miei confronti non si sono accontentate del minimo.
Parlo dell’esperienza scolastica, ma anche quella del mio oratorio, del gruppo associativo dell’Azione cattolica, di sacerdoti e di vari amici che sono stati per me degli angeli custodi. Così, a poco a poco, ho capito che la Chiesa era una grande famiglia, in cui potevo ricevere e dare, essere una presenza d’amore, vivere dentro, anche se, ricordo negli anni del l’adolescenza, e ancora di più della giovinezza, non tutto mi andava bene della Chiesa e ricordo di aver reso la vita difficile al mio parroco, col quale facevo forti litigate.
Col vescovo, allora era monsignor Bonomini, erano gli anni subito dopo il Concilio, non ho avuto modo di n contrarlo se non nella visita pastorale nella mia parrocchia, Tremezzo.
Ricordo che scrisse parole d’elogio perché operava un gruppo di catechisti, di cui facevo parte, e io ne andavo orgoglioso. Il vescovo era però un personaggio lontano, ieratico, esattamente il contrario di come ho fatto io il vescovo in questi undici anni nella mia Diocesi, in cui si è lentamente creata una vicinanza, con i giovani in modo particolare, un clima di fiducia, di cordialità e i giovani sono quella categoria di persone che “si sono lasciate andare” di più in confidenze, sia a volte venendo in duomo a confessarsi da me, senza timore, sia confidandomi i loro momenti difficili, magari qualche avventura sentimentale che si accendeva o andava spegnendosi.
Il Concilio ha dato un’immagine nuova della Chiesa, ha fatto in modo che si passasse da una immagine piramidale di Chiesa (Papa, vescovi, sacerdoti e quindi il popolo) a una immagine più comunionale, dove tutti hanno la medesima dignità, essendo membri di un unico corpo, pur con funzioni diverse. Così sono passato da una Chiesa un po’ gerarchizzata, a una concezione di Chiesa famiglia, dove tutti si sentono uniti in virtù del”unico Battesimo, dove tutti sono popolo di Dio, peccatori perdonati, dove tutti si sentono un popolo pellegrino sulla terra, in attesa dell’incontro con Cristo risorto, capo della chiesa. Dove tutti sono chiamati a testimoniare l’amore di Dio in ogni ambiente e in ogni situazione.

  1. Ogni giorno viviamo particolari situazioni di difficoltà in ambienti che dovrebbero essere per noi luoghi di crescita personale, come la scuola e il lavoro. Come possiamo noi giovani, desiderosi di vivere cristo risorto, portare la nostra fede nella quotidianità?

Partiamo da un concetto fondamentale: la fede cresce donandola. La fede di rafforza se là si condivide. La fede non può stare ferma a fare muffa, né restare un pio ricordo di momenti nostalgici dell’infanzia. La fede va al di là degli stessi momenti cultuali: la fede va annunciata , va testimoniata negli ambienti comuni, ordinari di vita, anche negli spazi in cui c’è tanta indifferenza e a volte giudizi malevoli contro i cristiani, la chiesa, i preti. O la fede in Dio ti trasforma la vita o non è fede!
Il grande dramma del nostro tempo per i cristiani è la dissociazione tra la fede e la vita. Il che significa che la fede o ti aiuta vivere la tua vita di tutti i giorni o non ti serve a niente.
La fede nel Dio di Gesù Cristo ti deve illuminare sulle tue scelte di vita; la fede deve permetterti di rapportarti in un certo modo con i tuoi famigliari, amandoli così come sono, la fede ti aiuta nel rapporto con la tua ragazza che non puoi trattare come se fosse un fazzoletti o di carta “usa e getta”, con i tuoi colleghi di scuola o di lavoro, ecc… Deve impegnarti la fede a fare di te un dono per gli altri, come Gesù, che ti ha amato e ha dato tutto te stesso per te. La fede ti costringere a prenderti a cuore gli altri, quelli che Dio ama. (tutti).
Ora, per crescere nella fede occorre avere la fortuna di trovare degli amici, delle comunità parrocchiali, degli oratori, dei gruppi di giovani o associazioni che ti aiutano a non sentirti solo, che ti spingono ad andare contro corrente e a non fermarti alle chimere che ti illudono per una felicità a buon mercato. Che ti mettono di fronte alle esigenze della Parola di Dio (la fede nasce dall’ascolto, dice San Paolo). Purtroppo oggi sono pochi gli ambienti educativi che preparano i giovani ad affrontare con impegno e serietà l’avventura della vita, che ti aiutano a capire perché e per chi deve bruciare la tua vita. Esigete dalle comunità cristiane un serio aiuto per sostenervi nel cammino della fede!

  1. Nella società di oggi in cui incontriamo spesso superficialità e soggettivismo, come possiamo non scoraggiarci, ma essere certi che l’amore di Cristo incontrato nelle esperienze di fede e di Chiesa possa essere fondamento della nostra quotidianità e guida verso il nostro futuro?

Il male più grande della nostra epoca è la superficialità, il disinteresse, la chiusura nel proprio io. Ma chi vive rannicchiato nel proprio io vive male e alla fine ne è disgustato. È senza ideali, non coltiva sogni. Ammuffisce. Quando una persona cambia? Quando comincia a sporcarsi le mani, quando si rende conto che c’è un mondo da amare, che tante persone hanno bisogno della collaborazione, di un volontariato. I giovani devono rendersi conto delle realtà drammatiche in cui giacciono molti nostri fratelli. Occorre andar fuori dalla bambagia di cui spesso i nostri ambienti sono ancora avvolti.
Normalmente chi si apre agli altri in piccoli gesti d’amore si trova il cuore dilatato e a poco a poco il giovane si dà premura di trovare sempre più il tempo per prendersi cura degli altri, che comincia a considerare fratelli, e allora si rende conto che è più quello che riceve di quello che riesce a dare, per quanto si impegni. Quando un giovane scopre con stupore di essere amato da Dio, e sperimenta questo amore, allora è diverso. Comincia a fidarsi del Signore, nasce un dialogo d! Amore e così impegna la vita in modo diverso. Le sue vacanze non sono più occasioni di evasione o di dissipazione, sono un tempo per aprirsi donando tempo, mani e sorriso! Ma ne guadagna ancora lui! Se poi un giovane vive esperienze di preghiera insieme a momenti di sevizio, allora la sua vita a poco a poco si trasforma e progetta il suo futuro con altri criteri, che non sono il chiudersi in se stessi e pensare solo a sè, ma a vivere l’esistenza come un dono, cercando anche un ragazzo/a che condivida questi ideali.

  1. Nelle nostre realtà di servizio, piccole e grandi, come tenere sveglio il cuore per rispondere in modo creativo ai nuovi bisogni? Dove trovare il nutrimento per agire secondo la logica del Vangelo?

Vivere secondo il Vangelo oggi non è facile, perché si oppone alla logica del mondo fondata sul potere, sul piacere, sull’apparire, sull’avere. Ma se un giovane, proprio perché vuol vivere secondo il Vangelo, alla luce del Battesimo ricevuto, accetta di lasciarsi guidare da un cammino di fede proposto dalla comunità cristiana, impara a coniugare azione e contemplazione. Non una senza l’altra. Alla luce dello Spirito santo scoprirà il suo posto nella società e nella chiesa, troverà le vie più opportune per impegnare stabilmente la sua vita in una vocazione ben precisa. Nella chiesa non mancano gli strumenti per crescere nella fede. Dio si dona attraverso i suoi sacramenti, L’eucaristia, la Riconciliazione. Sono le vie più ordinarie perché il signore Gesù possa trasformarci e fare di noi persone come lui, che amano servire, condividere e spendersi per gli altri.

Poi monsignor Cantoni ha chiesto ai giovani: che cosa chiedere al nuovo vescovo? Quali fatiche vedi e stai vivendo? che aiuto chiedi al vescovo?

I giovani hanno risposto scrivendo su una cartolina che è stata consegnata a monsignor Cantoni.