Il contributo dell’Istituto di Catechetica dell’Università Pontificia Salesiana

L’IRC a confronto con la ricerca empirica

Articolo di Sergio Cicatelli e Guglielmo Malizia

 

«Per la complessità della sua condizione istituzionale, che fin dal Concordato del 1929 combina competenze di Stato e Chiesa, l’Insegnamento della Religione (IR) è sempre stato oggetto di particolare attenzione da parte della politica, della teologia, della pedagogia, della didattica e dell’organizzazione scolastica, ma anche della ricerca empirica. L’assetto istituzionale cambia con la revisione concordataria del 1984, che rinomina la disciplina Insegnamento della Religione Cattolica (IRC) e la uniforma in tutti gli ordini e gradi di scuola. Sia prima che dopo la revisione del 1984 sono state condotte diverse indagini, che possono essere distinte in due categorie: una di livello nazionale, in cui è centrale l’apporto dell’Istituto di Catechetica (ICa) dell’Università Pontificia Salesiana (UPS), con la collaborazione dell’Istituto di Sociologia dell’Educazione della stessa Università, e l’altra di livello locale, ad opera di vari altri attori. Ci occuperemo qui soprattutto del primo gruppo di ricerche, ma non mancherà una presentazione molto sintetica del secondo, visti anche i legami talvolta molto stretti che legano i due livelli di indagine.

  1. Le ricerche a livello nazionale

Le ricerche sull’IR da parte dell’ICa iniziano ancor prima della revisione concordataria, come attesta l’indagine che, tra gli anni ’70 e gli inizi degli ’80, è stata condotta da G.C. Milanesi su circa 20.000 studenti delle scuole superiori, distribuiti in una serie di sotto-campioni provinciali dislocati in tutto il Paese. I risultati più significativi possono essere sintetizzati nella mancata polarizzazione degli intervistati tra favorevoli e contrari all’IR, nella fondamentale contrarietà ad adottare atteggiamenti polemici verso l’IR, nel riconoscimento della validità e della natura educativa dell’IR, nell’accordo generale sulla necessità di una riforma profonda delle tematiche e dei metodi dell’IR come condizione per il suo mantenimento nella scuola. In sintesi, gli studenti erano favorevoli all’IR purché fosse in sintonia con le loro attese formative globali e gli Insegnanti di religione (IdR) si dimostrassero in grado di approfondire con gli allievi questioni di attualità di natura sociale, affettiva e familiare.

Per impegno teorico e rappresentatività dei campioni utilizzati, le quattro indagini promosse in seguito all’interno dell’UPS costituiscono di fatto gli unici esempi di ricerche a carattere nazionale sull’IRC neoconcordatario. Le ricerche hanno tutte un impianto prevalentemente quantitativo basato su campioni statisticamente rappresentativi e testimoniano l’unitarietà del progetto con la presenza degli Istituti di Catechetica e di Sociologia e con la continuità dei responsabili degli studi. In occasione della terza indagine, ai promotori iniziali si è affiancato il Centro Studi per la Scuola Cattolica della Conferenza Episcopale Italiana (CEI), con il sostegno di due Uffici della CEI (l’Ufficio Nazionale per l’Educazione, la Scuola e l’Università e il Servizio Nazionale per l’IRC), che nella quarta indagine hanno assunto una più diretta responsabilità dell’iniziativa, anche per una più ridotta presenza dell’ICa.

 

  • Una disciplina in cammino (1989-1990)

La prima è la ricerca più articolata in campioni. Prevedeva, infatti, la somministrazione di undici diversi questionari tra IdR e non di religione nei diversi ordini e gradi di scuola, di studenti avvalentisi e non avvalentisi e dei rispettivi genitori per un totale di 9.119 soggetti, di cui 5.000 studenti delle superiori, cui sono da aggiungere 55 interviste a testimoni privilegiati. La finalità di fondo consisteva nell’identificazione e nell’analisi delle caratteristiche dell’IRC neoconcordatario, entrato in vigore appena tre anni prima.

Il primo risultato sorprendente, che però confermava andamenti conosciuti, era la massiccia adesione all’IRC da parte degli studenti e dei genitori. La scelta non era motivata solo da interessi culturali e scolastici ma anche da ragioni radicate e diffuse di natura ideale, sociale e familiare. L’importanza assegnata all’istanza esistenziale, che poteva apparire in contrasto con le regole consuete di una disciplina scolastica, era però del tutto coerente con una concezione dell’educazione religiosa che non può essere avulsa dalla vita.

In relazione alla disciplina, la ricerca si occupava di due dimensioni: quella epistemologica e quella pedagogica. Dal primo punto di vista l’indagine confermava, da una parte, la natura disciplinare scolastica dell’IRC, ma dall’altra ne evidenziava aspetti che la distinguevano dalle altre materie. Tra le caratteristiche che confermavano una certa atipicità dell’IRC: il riflesso dell’appartenenza, cioè la rilevanza assegnata all’opzione personale previa circa la religione nella scelta dell’IRC; la provocazione esistenziale, nel senso che il vissuto non si lascia facilmente ricondurre a norme e criteri di programmazione scolastica; il contrasto tra l’intenzione di farne una disciplina a pieno titolo e al tempo stesso di destinarla a luogo di testimonianza ecclesiale; l’impegno a dare risposte a interrogativi sulla religione stessa e la sua valenza educativa. Di conseguenza, i criteri elaborati per le altre discipline non erano del tutto adeguati ed era necessario integrarli per tenere conto delle peculiarità dell’IRC.

La ricerca si pronunciava anche sulla dimensione pedagogica dell’IRC, ossia sugli obiettivi, contenuti e metodi della disciplina. Emergevano i riferimenti strutturali che dovrebbero caratterizzare il progressivo sviluppo disciplinare dell’IRC e cioè: l’interesse esistenziale, il dato dottrinale e il ricorso alle fonti. Veniva auspicata la sperimentazione di procedimenti didattici molteplici per identificare le modalità migliori di pratica scolastica. L’accentuazione dell’appartenenza religiosa doveva portare a cambiamenti non solo nella scelta dei contenuti, ma anche degli obiettivi educativi nel senso di dare più spazio all’orientamento religioso-morale della vita. Quanto all’aspetto culturale, la ricerca verificava la prassi didattica su due versanti, quello critico e quello ermeneutico. Di fronte all’emergere di una pedagogia della risposta bisognava perseguire una più coerente pedagogia della domanda, nel senso di assumere strategicamente gli interrogativi esistenziali degli allievi, mettendoli adeguatamente a fuoco e cercando la risposta religiosa nel patrimonio della tradizione cattolica. In positivo la ricerca evidenziava l’affermarsi di un procedimento induttivo, molto lontano da un’impostazione trasmissivo-deduttiva propria di un passato anche recente.

Sull’IdR la ricerca portava a concludere che si era di fronte a una professionalità in via di definizione. Erano, infatti, molteplici le spinte, a cominciare dal dettato concordatario e dalla prassi didattica quotidiana, che orientavano l’IdR verso una professionalità scolastica, ma l’indagine non offriva contorni precisi e soddisfacenti perché la disciplina era palesemente diversa. Secondo la ricerca, inoltre, la credibilità professionale degli IdR era minacciata anche da carenze concrete come: un curricolo formativo piuttosto atipico, una condizione di precarietà, le incertezze sullo stato giuridico e le insicurezze circa la formazione in servizio.

 

  • Una disciplina al bivio (1995-1996)

Dopo dieci anni di esercizio effettivo, la seconda indagine si domandava se l’IRC dovesse intraprendere con decisione la strada del rinnovamento o, invece, rimanere fedele a una tradizione ancora rassicurante. A tal fine si faceva ricorso a un campione rappresentativo di 1.967 IdR e a uno di circa 3.200 studenti delle superiori, avvalentisi e non avvalentisi. In sintesi, i risultati della ricerca verificavano sostanzialmente la prima ipotesi di risposta in quanto evidenziavano la realizzazione di rilevanti aspetti dell’innovazione concordataria, tra cui vanno citate la partecipazione massiccia degli studenti e l’elaborazione in atto della disciplina scolastica, anche se non mancavano resistenze e ambiguità che facevano presagire la necessità di tempi lunghi prima di arrivare a una piena evoluzione.

Nel dettaglio dei risultati, si osservava che l’abbandono dell’IRC da parte degli studenti non raggiungeva numeri preoccupanti, anche se non mancavano segnali di fragilità che potevano comportare un ampliamento dei non avvalentisi: le variabili decisive erano i maschi, il Nord e il Centro, le città oltre i 50.000 abitanti, l’indirizzo tecnico-professionale e la possibilità di uscire da scuola. 5 Preoccupava inoltre il calo delle ragioni di natura formativa per la scelta di avvalersi dell’IRC e il fatto che in proposito gli IdR della secondaria superiore non sembravano conoscere molto i loro allievi. In sintesi, si poteva dire che la scelta dell’IRC andasse attribuita in primo luogo all’educazione religiosa ricevuta in famiglia e in parrocchia, mentre l’IdR e la natura dell’IRC erano meno determinanti. Quanto all’ora alternativa, nella secondaria superiore era frequentata solo da un 10% di non avvalentisi, confermando l’ipotesi della disattenzione dell’organizzazione scolastica.

L’insieme dei risultati metteva in risalto un’accoglienza soddisfacente dell’IRC; tuttavia, tale andamento positivo era ottenuto a condizione di muoversi su una base concordata di temi, trattati in maniera dialogica. Secondo una linea evolutiva, l’iniziale accettazione dello stile scolastico nelle elementari tendeva a calare nelle medie e nel biennio superiore, finendo per essere gradualmente sostituito nel triennio da un’impostazione che sapeva di animazione. Ciò non voleva dire però che lo statuto disciplinare dell’IRC fosse compromesso ma che doveva essere inteso nel contesto dell’evoluzione dei sistemi educativi, tendenti a privilegiare la centralità dello studente e la flessibilità dell’organizzazione scolastica e soprattutto del curricolo. Poco soddisfacente poteva essere la distinzione tra IRC e catechesi che era diventata consapevolezza teorica di tutti gli IdR, ma con una traduzione in prassi didattica che era patrimonio solo di una parte, quantunque maggioritaria. Sulla disciplina la ricerca evidenziava una certa latitanza dell’autorità competente: da un lato la si sarebbe voluta curricolare di principio e nelle intenzioni degli insegnanti, ma dall’altro se ne rischiava l’emarginazione per le progressive interpretazioni giurisprudenziali e per l’effettiva condizione scolastica. Del resto, l’attenzione al vissuto personale non era priva di ambiguità in quanto rischiava di estraniare l’IRC dal percorso prettamente scolastico.

Il profilo dell’IdR rimaneva in via di definizione nonostante i progressi compiuti. Se era positivo l’aumento consistente del possesso dei titoli di studio ecclesiastici, tuttavia si accompagnava la percezione della loro inadeguatezza rispetto alle esigenze dell’insegnamento. La carenza maggiore era rappresentata dall’insufficiente attenzione alle discipline educativo-pedagogico-didattiche e ancora di più a quelle storico-fenomenologiche e psico-sociologiche. L’offerta di formazione in servizio, sebbene ampia e bilanciata tra discipline teologiche e scienze umane, non era in grado di ovviare allo squilibrio iniziale. In molti casi gli IdR erano considerati, non solo dagli studenti ma anche da loro stessi, come educatori-formatori o una specie di consiglieri di orientamento, persone cioè con cui dialogare, mentre diminuiva l’identificazione con l’insegnante: emerge ad esempio la prevalenza dei compiti educativi rispetto a quelli trasmissivi. Ciò però non voleva dire la graduale espulsione dell’IdR dalla scuola quanto piuttosto l’anticipazione di una figura nuova di docente, destinata a esercitare non solo funzioni di docenza frontale. Gli IdR insegnavano per spirito di servizio e giudicavano la loro esperienza scolastica carica di responsabilità formativa e interessante; tuttavia, non si ritenevano pienamente gratificati dalla precarietà dello stato giuridico, dal numero di compiti gravosi di natura organizzativa, dall’inadeguatezza dell’orario e dal disimpegno degli allievi nella secondaria.

 

  • Una disciplina in evoluzione (2004-2005)

La terza ricerca si concentrava soprattutto sugli IdR alle prese con la riforma Moratti, all’epoca in corso di attuazione, presentando le caratteristiche di Una disciplina in evoluzione. L’indagine coinvolgeva un campione rappresentativo di 1.087 IdR, tra i quali figuravano per la prima volta IdR di scuola dell’infanzia, cui si aggiungevano 487 IdR di scuola cattolica (dall’infanzia alle superiori).

L’IRC emergeva come una disciplina a forte valenza educativa e con una chiara dimensione culturale. Fra i suoi punti di forza rientrava la capacità di rispondere a problematiche morali ed esistenziali, capacità valutata sempre più positivamente col crescere dell’età degli allievi; fattori importanti anche il dialogo interreligioso e interculturale. Le limitazioni alla valutazione erano la maggiore difficoltà per il riconoscimento dell’IRC come disciplina scolastica a tutti gli effetti. Era poi considerato problematico il rapporto tra IRC e comunità cristiana.

Sul piano didattico si registrava forse l’evoluzione più interessante: l’IdR aveva infatti raccolto la sfida della scolarizzazione ed era passato da un insegnamento ancora spesso patteggiato con gli alunni a un insegnamento più ancorato a parametri didattici oggettivi, anche se la maggioranza degli IdR integrava il programma con altri temi, mentre solo una minoranza marginale si limitava ad applicarlo. Nella prassi didattica, gli IdR di ambedue i sotto-campioni dichiaravano di ricorrere a una plurimetodologia, anche se tendenzialmente la preferenza andava a un modello di natura trasmissiva. Pure sulla valutazione si riscontrava una pluralità di strumenti, con preferenza per prove oggettive e questionari che garantiscono una misurazione più oggettiva. La maggior parte degli IdR valutava la propria esperienza scolastica interessante e soddisfacente, nonostante le difficoltà soprattutto di carattere organizzativo-strutturale; una minoranza lamentava il disimpegno e l’indisciplina degli alunni.

Il rapporto di ricerca terminava con l’indicazione delle prospettive emergenti. Fin dalla prima ricerca l’IRC era apparso una “disciplina in cammino”. Da catechesi si era dovuto attrezzare per diventare disciplina scolastica; si era elaborato uno statuto disciplinare di tutto rispetto e un apparato didattico credibile. L’IRC doveva ancora liberarsi di qualche impostazione eccessivamente trasmissiva, magari fatta propria in buona fede per testimoniare la sua natura “scolastica”.

Le recenti riforme scolastiche avevano risolutamente puntato a una pedagogia dell’apprendimento, centrata sulla progressiva maturazione dello studente: la ricerca segnalava nel profilo dello studente e nelle competenze da garantirgli i riferimenti qualificanti e innovativi. La scelta comportava un’analoga risoluta svolta anche per l’IRC, in grado di portarsi sulle competenze in ambito religioso, sulla capacità dello studente di leggere i segni della religione e di capirne il significato umanizzante.

 

  • Una disciplina alla prova (2015-2016)

La quarta e (per ora) ultima ricerca porta il titolo significativo di Una disciplina alla prova, in quanto da un lato ha registrato la capacità di resistere alla prova del tempo e dall’altro ha aperto una nuova prospettiva di indagine andando a misurare l’effetto dell’IRC in termini di apprendimento.

La ricerca, condotta nell’anno scolastico 2015-16, è sostanzialmente divisa in due parti; la prima rivolta agli IdR per rilevare le condizioni dell’IRC e la seconda rivolta agli studenti per misurare le loro conoscenze religiose in relazione alle Indicazioni didattiche in vigore. I campioni sono assolutamente cospicui e rappresentativi: quasi 3.000 IdR, di cui oltre 700 di scuola cattolica, e oltre 20.000 studenti di sette diocesi diverse per dimensioni e collocazione geografica.

Le prove superate dall’IRC sono sostanzialmente tre: quella della scolarizzazione, ormai abbondantemente condivisa e riconosciuta; quella della multireligiosità, con cui l’IRC dialoga volentieri e con competenza; quella della verifica degli apprendimenti, anche se i livelli di conoscenza accertati non sono ottimali. A queste tre prove si può aggiungere, al di fuori delle ipotesi iniziali, anche quella del gradimento da parte degli studenti, che hanno valutato in maniera molto positiva la loro esperienza con l’IRC.

Per quanto riguarda la scolarizzazione è ormai acquisito per gli studenti che l’IRC non si confonde con la catechesi, anche se la scelta di avvalersene dipende in gran parte da motivazioni ideali (religiose e formative). Sul piano della multireligiosità si rileva che l’IRC non è frequentato solo da cattolici ma vede la partecipazione di minoranze significative appartenenti ad altre confessioni, oltre che da studenti che non si riconoscono in nessuna religione. Più in generale, gli IdR appaiono ben inseriti nella scuola, con numerosi incarichi aggiuntivi, e dotati di una formazione iniziale spesso sovrabbondante (soprattutto nella scuola statale) rispetto a quanto richiesto dalla legge. La didattica risulta ancora in parte tradizionale, ma sono utilizzate una discreta varietà di metodologie; punti deboli rimangono lo scarso uso dei libri di testo e una conoscenza ancora non completa delle Indicazioni.

La verifica del sapere religioso è stata condotta mediante questionari cartacei somministrati dagli stessi IdR durante le loro lezioni in cinque classi diverse: quarta primaria, prima secondaria di I grado, prima, terza e quinta secondaria di II grado, per verificare ogni volta la corrispondenza con gli obiettivi previsti dalle Indicazioni nel periodo scolastico precedente. I risultati sono stati valutati mediamente accettabili, con sensibili oscillazioni tra aree diverse di contenuti (migliori nell’area biblica, carenti in ambito teologico e ancora di più nell’area storica; discreto il sapere etico-antropologico, mentre appare carente l’uso del linguaggio religioso e sono piuttosto disuguali le conoscenze sul piano ecumenico e interreligioso).

Gradita sorpresa è stato alla fine l’apprezzamento mostrato dagli alunni nei confronti dell’IRC, cui corrisponde la soddisfazione professionale espressa mediamente dagli IdR, i quali dichiarano di aver scelto l’IRC principalmente per “vocazione” e per dare una formazione religiosa ai giovani.

  1. Le ricerche a livello locale

Tra le indagini a livello locale vanno menzionate in primo luogo le rilevazioni di natura quantitativa delle statistiche di base sull’IRC, realizzate dall’Osservatorio Socio-Religioso Triveneto (OSReT), a partire dalla revisione del Concordato, sulle scuole del Triveneto e poi estese a tutto il Paese per conto della CEI, che ultimamente ha iniziato a gestire il proprio la raccolta dei dati.

Più specifica e circoscritta è stata agli inizi la ricerca effettuata da Mario Vit per l’OSReT nell’a.s. 1989-90, che estendeva al Triveneto l’impostazione di Una disciplina in cammino, mentre nell’a.s. 1993-94 ne ha realizzato un aggiornamento più breve.

All’estremo opposto, anche da un punto di vista geografico, si situa l’indagine di Carmelina Chiara Canta, condotta nella diocesi di Caltanissetta in due anni scolatici consecutivi (1996-97 e 1997-98). Di fatto rappresenta l’unico esempio di ricerca sull’IRC nel Mezzogiorno, dove la situazione è notevolmente differente in paragone al resto d’Italia; altra caratteristica distintiva è il ricorso, anche se solo parziale, a una metodologia qualitativa basata su “storie di vita” degli IdR.

Tra gli Enti promotori della ricerca sull’IRC un ruolo importante è stato svolto dalla Provincia Autonoma di Trento. Oltre a vari convegni che si sono occupati dell’IRC e della scuola, si possono citare tra le indagini: una breve inchiesta realizzata fra gli studenti delle secondarie superiori, in preparazione ad un convegno del marzo 1999; una ricerca più ampia e impegnativa condotta negli anni scolastici 2002-03 e 2003-04 con il supporto del locale Istituto Provinciale per la Ricerca, l’Aggiornamento e la Sperimentazione Educativi (Iprase), che nel quadro di una osservazione longitudinale intendeva recuperare dati del recente passato aprendo a possibili sviluppi futuri.

Sempre a livello locale si colloca un certo numero di indagini che molte diocesi hanno effettuato, spesso in maniera informale e artigianale, sulla situazione del proprio territorio. Benché generalmente tali indagini siano rimaste entro i confini diocesani, tuttavia non dovrebbero essere ignorate se si vuole assicurare una documentazione più completa. È possibile ipotizzare che in ciascun ufficio diocesano sia operativo un osservatorio più o meno aggiornato sulla condizione della propria area di azione, almeno per quanto riguarda i dati più elementari.

Un altro ambito di ricerca significativo è quello rappresentato dalla rilevazione delle conoscenze religiose degli alunni, che possono essere interessanti per misurare gli effetti dell’IRC (e non solo). Nell’a.s. 2006-07 veniva condotto dall’OSReT uno studio attento sulle conoscenze religiose di un campione di 5.299 studenti dell’ultimo anno delle scuole secondarie di I e II grado del Veneto. Nel medesimo anno era iniziata un’indagine simile sugli studenti della diocesi di Bergamo: dopo una prima sperimentazione su un campione di circa 20.000 allievi, era predisposto lo strumento di rilevazione definitivo e la ricerca era ripetuta su un campione rappresentativo di quasi 1.400 studenti. 19 Nell’a.s. 2010-11 il medesimo tipo di indagine era condotto in sei diocesi della Lombardia su un campione complessivo di oltre 7.600 studenti. L’ultimo e più impegnativo sforzo in questo campo è stato quello dalla quarta ricerca nazionale ricordata sopra.

In questo quadro si può fino a un certo punto prendere in considerazione anche l’indagine realizzata sul sapere religioso degli italiani da GFK Eurisko per la Tavola Valdese nel 2013 su un campione non noto raggiunto mediante intervista telefonica. La situazione descritta era abbastanza deludente ed è stata utilizzata un po’ sensazionalisticamente come sfondo per un Rapporto sull’analfabetismo religioso in Italia.

  1. Osservazioni conclusive

Al termine di questa rassegna possiamo formulare tre brevi osservazioni. Anzitutto va ribadita e apprezzata l’opera pionieristica dell’ICa dell’UPS. Per primo esso ha avviato ricerche di carattere nazionale sull’IRC neoconcordatario. Anche se nella quarta indagine sono intervenuti altri enti e istanze, tuttavia pure in questo caso non è mancato l’apporto di singoli membri dell’Istituto per offrire un profilo articolato e aggiornato del settore.

Nel merito dei risultati delle ricerche, l’IRC appare rafforzato nella sua identità scolastica: un risultato che all’inizio non era affatto scontato e che è anche il frutto di un approccio non ideologico a una materia spesso affrontata in maniera ingiustamente polemica. Mentre le percentuali di avvalenza documentano la sostanziale tenuta dell’IRC nel tempo, le indagini nazionali testimoniano l’evoluzione della disciplina da una condizione ancora incerta a una fisionomia pienamente scolastica, pur sempre entro i limiti consentiti dall’assetto concordatario, soprattutto grazie all’evoluzione contemporaneamente avutasi nell’identità e nella prassi degli IdR.

Accanto a questo dato sicuramente positivo non si possono tacere alcuni segnali di debolezza, che derivano più dalla stanchezza della routine quotidiana che dai risultati di specifiche ricerche empiriche. Ai primi anni di ridefinizione normativa e di ricollocazione epistemologica della disciplina è seguito un periodo di ordinaria amministrazione in cui l’IRC è rimasto ancorato a un quadro ormai risalente a quasi quarant’anni fa. Ci sono sicuramente settori su cui sarebbe utile un intervento organico di rinnovamento: la formazione iniziale e in servizio degli IdR, il confronto con la realtà multireligiosa e, soprattutto, la qualità dell’apprendimento prodotto dall’IRC. L’auspicio è che su queste e su altre materie si possa rinnovare l’impegno di ricerca – da parte dell’ICa e degli altri soggetti finora coinvolti, magari con un contributo materiale della CEI – per monitorare sistematicamente la condizione di un insegnamento che costituisce una positiva peculiarità del sistema educativo italiano.»[1]

[1] Cicatelli S. – Malizia G., L’IRC a confronto con la ricerca empirica. Il contributo dell’Istituto di Catechetica dell’Università Pontificia Salesiana in «Catechetica ed Educazione» 8 (2023) 2, pp. 161-170.