Titolo dell’opera: Messengers of the Resurrection. 1867
Oil on canvas. 229 × 352 cm. Tretyakov Gallery
Autore: Nikolay Ge
Breve biografia dell’artista
Nikolaj Nikolaevič Ge è stato un artista nato nella Russia europea sudoccidentale, a Voronež nel 1831. Studiò a Kiev e san Pietroburgo e viaggiò in Europa per poi stabilirsi in Italia, a Roma e a Firenze. Tornò a San Pietroburgo e infine si stabilì in Ucraina nel Governatorato di Černigov in una sua fattoria dove morì nel 1894.
L’ultimo periodo della sua vita fu segnato da una più attenta lettura dei Vangeli e dall’incontro con lo scrittore russo Lev Tolstoj. Ge torna a dipingere soggetti religiosi e si fa pervadere da una fede accorata e profonda. Apprende l’etica della “non resistenza al male” di Tolstoj, mediata dal Discorso della Montagna che è la speranza di cambiare gli uomini attraverso l’amore.
Descrizione dell’opera
In quest’opera intensa e drammatica, Nikolay Ge cattura l’istante sospeso tra il silenzio della morte e il grido della resurrezione. La scena si apre con una composizione ridotta ma potente: quattro sole figure abitano lo spazio pittorico — una donna sullo sfondo, Maria Maddalena, e tre soldati romani in primo piano.
Maria, vestita della sua iconica tunica rossa, irrompe nella scena come un vento di verità. I suoi piedi nudi sfiorano appena il suolo roccioso, quasi insensibili al terreno, tanto è il fervore che la spinge. Ha appena lasciato il sepolcro vuoto e il suo movimento racconta l’urgenza di chi ha udito la voce degli angeli: “Non è qui! È risorto dai morti.” La veste che si gonfia nel vento sembra voler anticipare le parole che ancora non ha pronunciato, ma che porteranno sconvolgimento e speranza.
In netto contrasto, i tre soldati appaiono ignari. Due di essi ridono, tronfi, con la sicurezza di chi crede di aver vinto. Il terzo, in ombra, osserva in silenzio: il suo sguardo tradisce un’inquietudine, forse il seme di un dubbio, o l’inizio di una fede nascente. La scena vibra di tensione: una mano si alza, gesto di scherno o di sfida, e sembra quasi di udire una voce beffarda sussurrare: “Ora chi ride per ultimo?”
A terra, inerte, giace la croce. I suoi frammenti parlano di una pena definitiva, di una condanna senza appello. Accanto, il cartiglio voluto da Pilato — “Re dei Giudei”, inciso in tre lingue — resta come un monito, una verità scomoda che neppure la morte ha saputo cancellare. La croce, simbolo di oppressione, è già divenuta icona di salvezza.
La forza dell’opera risiede proprio in questo contrasto: tra ciò che appare finito e ciò che inizia, tra la derisione dei carnefici e la corsa della testimone. Ge non ci consegna solo una scena evangelica, ma un archetipo universale: lo scherno, il dubbio, la fede — tre atteggiamenti eterni davanti al Mistero.
Con gesto magistrale, l’artista ci mostra che non è la croce a decidere l’ultima parola, ma la corsa di Maria. E in quel movimento, carico di annuncio, l’umanità intera è chiamata a scegliere come rispondere.
Carissimi docenti,
in questa Pasqua il Signore Risorto ci raggiunge ancora una volta con la forza luminosa della Sua vittoria sulla morte. A ciascuno di noi affida una missione: essere messaggeri di resurrezione.
Nel cuore delle nostre comunità, negli ambienti scolastici dove quotidianamente viviamo, nei piccoli gesti quotidiani, siamo chiamati a portare segni di vita nuova, parole che risollevano, sguardi che accolgono, silenzi che ascoltano. La vostra presenza accanto ai bambini, ai ragazzi e alle loro famiglie è già annuncio di speranza, testimonianza viva di un Vangelo che continua a farsi carne.
Grazie per il vostro servizio, paziente e generoso, anche quando è faticoso o nascosto. Il Risorto cammina con voi: lo si riconosce nel pane spezzato, nelle parole condivise, nel cuore che arde.
Con affetto e gratitudine, auguro a ciascuno di voi e alle vostre famiglie una Santa Pasqua, piena della gioia che solo Cristo sa donare.
Il Signore è risorto, è veramente risorto! Alleluia!
don Francesco Vanotti
dott. Salvatore Currò
Ufficio per la Pastorale della Scuola e Università
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